LA TOMBA DI GAZA

In fondo al male

A Gerusalemme un Summit popolare per la pace promosso da israeliani e palestinesi insieme. Potrà propiziare la pace?

Roberto De Monticelli

“In fondo al male”, titolava di recente il manifesto: sembra che a Gaza e nel silenzio dei leader occidentali si sia toccato, questo fondo. Concentrata nel trenta per cento della Striscia e bombardata anche lì, la gente non può scappare e comincia a morire di fame, a due mesi dal blocco israeliano degli aiuti.

Migliaia di camion se ne stanno tornando indietro. Ci arrivano immagini spaventose di bambini scheletrici. Gideon Levy su Haaretz, ripreso dall’Internazionale, denuncia personaggi politici e mediatici che ormai pubblicamente dichiarano che bisogna affamarla, la gente di Gaza. L’ecatombe successiva al 7 ottobre, scrive Levy, “ha distrutto, forse per sempre, qualsiasi traccia di pace e umanità, legittimando la barbarie come un nobile comandamento. Concetti come “permesso” o “vietato” non hanno più senso quando si parla della crudeltà di Israele verso i palestinesi”.

Un funzionario dell’OMS intervistato da Chiara Cruciati (manifesto 3 maggio) sostiene di non aver mai visto niente di simile: “Qui l’assedio è totale, la popolazione è in trappola. La quantità di bombe che sganciano è inimmaginabile”.

“Coscienza”, in Occidente, è ormai solo il nome di una nave di volontari della Freedom Flotilla Coalition, che dal 2008 tenta di rompere l’assedio di Gaza. Ma anche questa nave hanno tentato di affondare, al largo di Malta. Buio e silenzio in fondo al male: gli occhi di duecentodiciassette giornalisti spenti, forse ormai di più: anche loro nel silenzio della maggior parte dei colleghi europei. Se devo morire/tu devi vivere/per raccontare la mia storia, scriveva Refaat Alareer, docente di letteratura inglese, prima di essere assassinato insieme a gran parte della sua famiglia a Gaza City.

Oh, andatevelo a leggere, quel prontuario della lingua felpata o bifida della grande stampa italiana, quel florilegio dei cinismi e della viltà che è (insieme ad altro, molto altro, come i diari dall’inferno del reporter Alhassan Selmi e i pastelli dell’anima, colorati di dolore e di speranza, di Marcella Brancaforte) il libro di Raffaele Oriani, Hassan e il genocidio (People 2025): il giornalista che un anno fa ha rinunciato alla prestigiosa testata su cui scriveva perché dove lui vedeva “un’unica cosa enorme” la maggior parte delle maggiori firme troncavano, sopivano, banalizzavano – o addirittura aggredivano le vittime.

Ma come è possibile, si chiede la penalista internazionale Chantal Meloni, “che l’Onu non possieda alcun meccanismo giuridico attivabile di fronte a uno Stato che sta affamando la popolazione civile… come riconosciuto nei mandati d’arresto della Corte Penale Internazionale, e i cui atti sono in discussione quali atti di genocidio davanti alla Corte Internazionale di Giustizia?”. E si risponde, ovviamente: “Le Corti prendono le decisioni, ma sta agli Stati, renderle esecutive” (manifesto, 3 maggio). E noi ce ne guardiamo bene. Se una volta Riccardo Iacona fa il servizio pubblico di farli ascoltare, due sopravvissuti reporter palestinesi, oltre a Francesca Albanese che ormai di rapporti ufficiali dell’Onu sulle prove del genocidio ne ha scritti due, si becca una denuncia di antisemitismo, non sai se più ridicola o più miserevole.

In fondo al male, certo. Eppure c’è un mistero che la dialettica di Hegel e di Marx aveva (piuttosto infelicemente) tentato di rendere loico: lo stesso cui senza teologali pretese accennava quel sussurro di voce rimasta a papa Francesco per le sue ultime parole Urbi et Orbi, annunciando pasqua, cioè resurrezione, mentre moriva. Trasformando la sua effettiva via crucis nella via regia – muta e dolorosa – dell’ultimo suo giro fra la folla. Ascoltai, a Gerusalemme, a Pasqua, a San Giacomo degli Armeni, la stessa improvvisa coincidentia oppositorum del dolore immemoriale di tutti i genocidi (e gli Armeni ne sanno qualcosa), quando dal profondo sale all’alto, al lieve, all’avvolgente canto di salvezza. Più prosaico, più timido ritrovai lo stesso annuncio nell’omelia del Patriarca latino di Gerusalemme, oggi papabile. Di desolazione: una tomba. Nient’altro che una tomba vuota. E di consolazione: la parrocchia di Gaza, “una piccola barca ancorata alla vita, in un mare di dolore e di sofferenza”. La stessa che fino all’ultimo giorno il papa morente aveva amato, senza più parole.

A Gerusalemme si prepara per l’8 e il 9 maggio, da oltre un anno, un Summit popolare di pace, “il più grande, partecipato, complicato, importante convegno di pace mai tentato prima d’ora in Medio Oriente, e forse nel mondo. Oltre 60 diverse organizzazioni hanno aderito, in migliaia approderanno a Gerusalemme da altre città di Israele, interventi sono previsti anche dalla Palestina benché solo via internet, e da tutto il mondo sarà possibile seguire in streaming”, ne scrive Daniela Bezzi su Pressenza, dove oltre a tutta l’informazione necessaria si trovano anche interviste ai due principali iniziatori del progetto: l’israeliano Maoz Inon, che ha perduto i genitori nel massacro del 7 ottobre, e il palestinese Aziz Abu Sarah, che ha perduto un fratello torturato a morte nelle carceri israeliane. Entrambi abbracciati l’anno scorso da papa Francesco, all’Arena di Pace di Verona. Vogliamo provare a crederci? Cioè ad esserci? Con tutti i nostri numerosi ma quasi invisibili sussurri, le molte, piccole iniziative sperse e sparse per tutta la penisola che si stringe al calvario della Palestina. Insieme, forse faremmo una ruah, il vento della vita che risorge.

Una risposta a “In fondo al male”

  1. Avatar Sandro Vitale
    Sandro Vitale

    L’articolo contiene riflessioni importanti e condivisibili. Quel che manca è una riflessione sul ruolo e sul DNA di Hamas.
    A Reggio Calabria il COORDINAMENTO REGGINO METROPOLITANO CONTRO TUTTE LE GUERRE ha deciso di realizzare a Reggio Calabria, nel mese di giugno 2025, una pubblica iniziativa sul tema del RIPUDIO della GUERRA e sulla necessità di definire una piattaforma europea di contrasto alle logiche del riarmo che metta insieme tutti i movimenti pacifisti. L’invito a partecipare sarà rivolto pubblicamente a tutte/i.

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